L’associazione è immediata: quando si dice Fondazione Sandretto Re Rebaudengo si pensa subito a quel post su Instagram con la Franca Leosini che ci ha fatto tanto ridere o alla pagina Facebook da 23mila like e traffici da grande museo internazionale. Noi di BAM! che, come molti, siamo soliti attendere con ansia l’ultima trovata del Maestro Yoda, il responsabile della social media strategy della Fondazione, abbiamo provato a intervistarlo ma non ci siamo riusciti perché è già in vacanza. Abbiamo però approfittato della sua assenza per fare quattro chiacchiere con il suo assistente Silvio Salvo ed ecco cosa ci ha raccontato.
Ormai sei lo Zerocalcare dei social media, un punto di riferimento indiscusso per tutti noi nati a inizio anni ’80. Quando è stato che hai capito che per far arrivare le persone alla Sandretto occorreva recuperare quanti più riferimenti possibili all’interno dell’immaginario pop? Il post di cui ti senti più orgoglioso?
Ero convinto di essere il Joker dei social media. Attraverso i social della FSRR cerco di creare il caos, perché, come ci ha insegnato il caro mattacchione nemico del Cavaliere Oscuro, il caos è equo. Creo uno scenario. Lo scenario è comunicazione.
In Fondazione non abbiamo una collezione permanente, ogni 3 – 4 mesi cambiamo mostre, opere, artisti. Per esempio, a novembre 2015 avevamo le sale buie e piene di pietre arrivate da Istanbul (Adrian Villar Rojas ha fatto una mostra miracolosa, peccato chi se l’è persa). Ora abbiamo tantissima luce.
La sede torinese della FSRR non è come la Reggia di Venaria o la Mole Antonelliana. Alla Reggia anche l’erba del giardino è fotogenica. La nostra sede non è proprio instagrammabile, ecco. Semplicemente quello che tento di fare è “creare un immaginario” della nostra sede. Renderla immediatamente riconoscibile. Fare in modo che chi la visita per la prima volta pensi “Ah, vero, qui c’era Magda che picchiava Furio”. Abbiamo la fortuna di avere questa sede meravigliosa, amata dagli artisti che espongono da noi, una parete lunghissima, un “palcoscenico teatrale”. Perché non sfruttarla e “giocare” un po’? Comunque visitate anche l’account Instagram @fondazionesandretto. In realtà, se vi impegnate, la nostra sede è molto instagrammabile. Ora la smetto di dire “instagrammabile”.
Mettere personaggi universali davanti (o dentro) la FSRR è il nostro marchio di fabbrica, ma non puntiamo tutto sui fotomontaggi. Mi diverte l’Instant Marketing. La regola è questa: se nella mia timeline leggo da tre amici la stessa notizia, penso “ci faccio un post”. E poi variamo molto (abbiamo fatto anche “improvvisazione teatral-social” e giocato all’impiccato), non si può associare la FSRR a “quelli-dei-fotomontaggi”, perché ci rimango male.
Ogni post viene pensato e pubblicato in 2-3 minuti (a parte l’oroscopo di Brezsny) + i tempi tecnici per i maledetti fotomontaggi: 5 minuti, sono molto artigianali, non ci affidiamo a un’agenzia esterna, facciamo tutto in casa.
Non ho mai programmato un post. Comunque non vorrei prendermi troppi “meriti”: il social media manager della FSRR è il Maestro Yoda, ma ora è in vacanza e non può rispondere a queste domande.
Seriamente: la “libertà di azione” nasce anche dalla visione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, un luogo dinamico e super contemporaneo. È l’arte contemporanea, bellezza!
I post di cui mi sento più orgoglioso sono due: “Storie Maledette” e “Dylan Dog” ma i miei preferiti sono tanti, eccone una carrellata.
Il tipo di approccio che usi sui social funziona senza dubbio con un pubblico di 25- 30 enni ma, come ve la cavate con le altre fasce di pubblico? Cosa fate per loro a livello di comunicazione ed engagement?
In realtà funziona anche con gli over 60. Tra le varie campagne sui social (quella a cui tengo di più è #OccupySandretto) segnalo corsART. Ho chiesto ai followers di correre in Fondazione in mezzo alle opere (il nostro corridoio fa molto “Bande à parte”) e di mandarci una foto; ne sono arrivate parecchie anche dai nonni con i nipotini. Anche con “La Rivoluzione siete voi” (una foto insieme a “La Rivoluzione siamo noi” di Maurizio Cattelan esposta in questo momento nelle nostre sale) arrivano foto dai meno giovani. Ovviamente il nostro dipartimento educativo organizza laboratori per tutte le fasce di età, ma adesso sono io che rispondo quindi chiedete anche al nostro dipartimento educativo (non oggi perché sono praticamente tutti in vacanza).
Come riuscite, se ci riuscite, a trasformare gli appassionati della tua matta gestione dei social in visitatori della Fondazione?
Ho sempre pensato che, soprattutto su Facebook, la maggior parte della gente voglia stalkerare i profili degli/delle ex, postare i gattini, leggere i Commenti Memorabili, studiare la fanpage della Ceres, condividere le frasi di Osho e i post di Se i Quadri potessero Parlare, leggere Vice e l’oroscopo di Brezsny. E poi informarsi. Ma sicuramente mi sbaglio.
Noi, attraverso i social, vogliamo informare sulle nostre attività e fare intrattenimento. Non è infotainment, è Infochaos. Ok, a volte facciamo puro Chaostainment (vedi Renzo Bossi). Se ascolti “La Zanzara” di Cruciani e Parenzo, vuoi ridere e poi informarti.
Quindi, secondo me, chi è interessato alle nostre mostre o alle nostre attività culturali viene comunque, anche senza averlo letto sui social.
Il nostro target sui social è questo: l’arte-contemporanea-non-ha-un-senso-che-vadano-a-lavorare. Io voglio intercettare chi detesta l’arte contemporanea, chi non si sforza di “comprenderla”, chi ha altre priorità. Se anche per soli 10 secondi si soffermano sul post perché “attratti” da Stewie Griffin, la curiosità di capire chi siamo e cosa facciamo probabilmente gli viene. E magari cliccano sul sito. E magari vedono che l’arte contemporanea merita una chance. E magari pensano “Perché mai citano i Radiohead? Cosa c’entrano Albano e Romina con la Sandretto?”. Il messaggio che cerco di trasmettere è che qualunque azione tu compia, qualunque lavoro tu svolga, sei ovviamente a tutti gli effetti immerso nella cultura contemporanea. Se ti domandi “Dove stiamo andando? Cosa stiamo facendo?”, non devi chiamare Quelo. Se non ti perdi una puntata di Temptation Island, se sei terrorizzato dall’Isis, dai pedofili, dagli psicopatici che ti seguono con un machete in strada, se ti emozioni quando senti i discorsi di Michelle Obama, se vai a vedere tutti i film in uscita, se Netflix è la tua nuova bibbia, se prendi ferie per andare a vedere i The National o i Massive Attack, se piangi per David Foster Wallace, se credi che Maccio Capatonda sia uno dei più grandi comici in Italia insieme a Corrado Guzzanti, se non arrivi a fine mese, se ti arrabbi quando guardi un TG, se vuoi emozionarti, se urli allo stadio, devi entrare anche alla Sandretto. Se vuoi essere “completo”, una visita alla Sandretto è d’obbligo (o in qualsiasi museo o fondazione di arte contemporanea).
Se vuoi avere una visione a 360 del “contemporaneo” non puoi ignorare la discografia di Bjork e dei One Direction.
Cosa ci inventeremo se, anche nel 2017, si ripeterà la MuseumWeek su Twitter? (Ovvero dell’importanza di adeguarsi a un mondo, quello dei social, in cui le idee invecchiano alla velocità della luce)
Vorrei che la FSRR venisse Retwittata da Youporn. Lo scorso anno non ci siamo riusciti (è stata la mia più grande delusione). Secondo me bisogna puntare sul porno, trovare un modo di entrare nei loro canali di comunicazione (non solo con la pubblicità). Se entri in in quei canali, vivi di rendita per i prossimi 10 anni. Poi gli alieni ci invaderanno e dovremmo adeguarci. Ma la FSRR non corre rischi perché Yoda conosce tutte le lingue e saprà adottare una strategia di comunicazione anche per loro.