Più di 20 musei italiani, con un centinaio di post, per 3 settimane si sono messi in gioco con Dida Mash. Intanto complimenti a tutti: musei pubblici e privati, piccoli e grandi, fisici e virtuali, storici, artistici, civici, di cultura popolare… ci avete fatto prima di tutto divertire! Per chi se la fosse persa, vi invitiamo a visitare la gallery di Dida Mash.
Noi di BAM! e Italiantoy, insieme a Maria Chiara Ciaccheri e Fabio Viola, che hanno fatto parte della commissione di valutazione del contest, ci siamo presi una decina di giorni per capire non solo chi premiare, ma anche com’è andata questa iniziativa che, pur nella sua giocosità, ha seriamente impegnato i musei. Ecco a voi le nostre osservazioni e alcune nuove sfide che avevamo voglia di lanciarvi, ancor prima di scoprire se avete vinto (quello lo trovate subito dopo).
Vedere insieme tutti i contributi dei musei a #Didamash, che effetto ti ha fatto?
Alessandra – Italiantoy: Mi è sembrato bello vedere realtà così diverse che creavano qualcosa di corale, una comunità in dialogo attraverso il gioco.
Maria Chiara – Senza Titolo: La maggior parte dei musei ha partecipato per più settimane: quello che mi è sembrato di intuire è stata, innanzitutto, una certa riconoscibilità di stile e di scrittura. Ho immaginato che dietro quei testi ci fosse sempre una persona sola.
Ci sono state proposte – non necessariamente fra quelle vincitrici – che mi hanno fortemente sollecitato nella visita al museo. Eppure, allo stesso tempo, mi sono domandata se quelle voci restituissero davvero l’identità della propria istituzione e, più in generale, quali consapevolezze e obiettivi guidassero la definizione dei testi.
Rosanna – BAM!: Seguendo il contest passo-passo era bello accorgersi come ciascun museo avesse inserito la partecipazione a Dida Mash nel proprio piano editoriale, spesso dopo aver dovuto chiedere l’autorizzazione per partecipare al contest e dopo aver chiesto ai colleghi della didattica se fossero interessati ai giochi di Italiantoy. Ecco, sentivo gli ingranaggi dei musei girare, una bella sensazione, e trapelava anche l’entusiasmo di chi nei musei ci lavora tutti i giorni.
Qual è stato il senso del gioco di #Didamash?
A: Per noi, l’obiettivo del gioco era di dare continuità al convegno “Can museums play” che si era svolto a Bologna con tanti partecipanti da tutta Italia; il senso del gioco era sperimentare una modalità di lavoro che per noi si è rivelata utile nella progettazione dei giochi condividendola con i musei. Quando occorre raccontare una storia, trasmettere una tecnica, proporre un contenuto è necessario fermarsi a riflettere “con le mani”: quali gesti possono sperimentare, smontare, ricostruire, capire?
Nei gesti delle mani si nasconde la concentrazione del pensiero che si lascia guidare da tentativi ed errori e a sua volta guida la ricerca: idee che prima non c’erano, ipotesi ancora non verificate diventano un gioco per “fare e disfare” come avrebbe detto il famoso maestro Alberto Manzi.
Se faccio, capisco. Se me lo dici, mi hai tolto il gusto di scoprirlo da solo.
È questa la sfida da accettare quando il gioco mette scompiglio nelle discipline e nei saperi codificati. E questa era la sfida giocosa condivisa con i musei: raccontare le proprie collezioni attraverso una mediazione giocosa incentrata sulle didascalie, sui giochi di parole, sui rimandi e richiami culturali.
MC: Per i musei immagino sia stata innanzitutto un’opportunità: per mettersi in gioco – divertendosi, era evidente – rispetto ad un ambito per il quale l’autorità non sempre è condivisa, ma anche per riflettere su quel tema di grande sofisticazione cognitiva che esige il declinare in parole il senso e il potenziale di un’immagine. Per me, essere fra i membri della giuria ha permesso il confronto con un piccolo osservatorio di grande interesse.
R: Il contest, pur cercando di semplificarlo al massimo, era comunque impegnativo per i musei. Non si trattava di scattare una bella foto, ma di decidere a quali oggetti della propria collezione dare una nuova definizione, secondo i temi proposti di settimana in settimana. Il senso era dunque giocare con competenze sul crinale tra educazione (in senso lato) e comunicazione, con grandi dosi di pensiero laterale. Chi ha bilanciato bene questi 3 ingredienti, ha fatto una bellissima “giocata” ed ha sicuramente imparato un linguaggio nuovo.
Sulla traccia di #Didamash, qual è il prossimo passo che proponi ai musei italiani?
A: Diciamo che giocare con le didascalie ha permesso ai musei di rimanere in una zona di comfort: ora sarebbe interessante andare verso qualcosa di poco esplorato come può essere il mettere in gioco le collezioni. Con il Mart abbiamo realizzato un gioco su Depero che per noi – e confidiamo per il museo – è stata un’esperienza interessante: lasciare che siano gli oggetti a bussare alla porta della curiosità, a lasciarsi manipolare per suscitare domande. Solitamente è il libro lo strumento di mediazione tra più abituale tra musei e bambini altrimenti arriva il marketing con i gadget. Quel mondo di oggetti che tanto ha appassionato i grandi pedagogisti italiani, dalla Montessori alla Pizzigoni, da Manzi alle sorelle Agazzi forse non ha ancora trovato, nei musei, un posto per rivendicare un ruolo fondamentale e necessario nella costruzione di un dialogo tra collezioni e bambini.
MC: Suggerisco di interrogarsi maggiormente sul tema. Continuare a divertirsi considerando attentamente, allo stesso tempo, la finalità delle proprie scelte. Saranno state anche solo didascalie per la condivisione sui social, certamente, ma se alcune, a mio parere, hanno azzardato scelte rischiose, altre raccontano di musei (o forse più di persone che lavorano nei musei) con una chiara visione. In poche parole, continuiamo a rifletterci, a parlarne, persino a giocare: la soluzione, come per tutte le cose complesse, non potrà essere soltanto una.
R: Il prossimo passo è sicuramente coinvolgere in questi ragionamenti in modo più diretto chi ha partecipato a Dida Mash, ma anche i musei che non hanno avuto tempo e modo di partecipare: insieme a Italiantoy ci faremo presto vivi… stay tuned!
Dida Mash, ecco i vincitori
Ed eccoci, rullo di tamburi…
Week 1 / Leon Battista Alberti / #Prospettiva
Il Mart di Rovereto ha giocato tra prospettiva, futurismo e cantautorato italiano, aggiudicandosi Leon Bi.
Week 2 / Bruno Munari / #Fantasia
Il Museo del Territorio Biellese ha scomodato Lucio Fontana e ne ha approfittato della settimana dedicata alla fantasia per lanciare una provocazione sull’arte. Loro presto giocheranno con Bruno Emme.
Lucio #Fontana “Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch’io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti lo avrebbe già fatto prima”. La #week2 di #didamash è dedicata alla #fantasia e a Bruno #Munari: noi giochiamo con le nostre opere e le sue parole diventano perfette come nuova didascalia per il quadro del maestro dello #spazialismo @bamstracult @centrozaffiria @italiantoy.it #innamoratidelmuseo #museodelterritoriobiellese Un post condiviso da Museo del Territorio Biellese (@museobiella) in data:
Week 3 / Pablo Picasso / #Scomposizione
Il MUDEC avrà a disposizione del suo comparto didattica Paolo Pi, tra arte contemporanea e tradizioni millenarie.
Menzione speciale: chi ha partecipato di più
C’è stato un testa a testa fino all’ultimo tra i giocatori più assidui di Dida Mash.
E come poteva risolversi bene, se non con un pareggio?
Pinacoteca Nazionale di Bologna e Museo Nazionale di Ravenna, parte dello stesso Polo Museale dell’Emilia-Romagna, si aggiudicano entrambi Zoe Ci.