Fragilità, inclusione, accessibilità, cura e benessere nei luoghi culturali: parliamo di diritto alla bellezza.
Un atrio illuminato dal timido sole primaverile; uno di quei bookshop con libri illustrati per bambini che ti fanno venire voglia di comprarli tutti; tanti laboratori per i più piccoli e un parco in cui sgranchirsi le gambe fra un intervento e l’altro. Siamo nella cornice del bellissimo Centro Internazionale Loris Malaguzzi, sede della famoso Reggio Children, sul cui sito compare, per prima, la dicitura “uno spazio aperto a tutti”. É un luogo di incontro e confronto a Reggio Emilia, uno spazio aperto a tutte le età, alle idee, alle diverse culture. Quale miglior luogo, dunque, per parlare di inclusione, fragilità, cura e benessere? Di questi temi si è discusso durante il convegno “Diritto alla bellezza. Modelli di welfare culturale tra evidenze scientifiche e necessità di nuove politiche”, tenutosi venerdì 10 marzo.
Il patrimonio culturale è davvero fruibile per tuttə?
Con questa domanda Valentina Galloni, Dirigente settore Cultura del Comune di Reggio Emilia e Direttrice dei Musei Civici, dà inizio al convegno, introducendo la nuova definizione di Museo ICOM, che pone l’attenzione sul tema dell’accessibilità e dell’inclusione:
“(…) aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità.
Operano e comunicano in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze”
Da questa definizione emerge la nuova direzione che i musei dovrebbero intraprendere, volta a rimuovere le barriere che impediscono ad alcuni pubblici di fruire del patrimonio e promuovere la diversità, non solo nella loro programmazione, ma anche nel modo in cui sono strutturati al loro interno.
Ma come raggiungere questi obiettivi? Come garantire la partecipazione delle comunità ai luoghi della cultura?
Alcuni spunti di riflessione sul tema dell’ accessibilità culturale arrivano da Silvia Ferrari, referente del Sistema Museale regionale di Regione Emilia-Romagna, che ripercorre i principi e i riferimenti europei e nazionali, citando, fra gli altri, la Convenzione di Faro, la Convenzione ONU per i diritti civili e l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, i quali sottolineano che l’accessibilità è alla base della progettazione e dello sviluppo di un sistema di welfare culturale attento alle persone più fragili. Per questo, il Servizio Patrimonio culturale e supporto tecnico-scientifico di Promo PA Fondazione ha lanciato un’indagine conoscitiva online sullo stato dell’accessibilità dei musei in Emilia Romagna, che ha coinvolto 209 musei rispondenti. A partire dai risultati dell’indagine, una serie di azioni sono state portate avanti per promuovere l’accessibilità, non solo in campo museale, bensì in tutti i settori, fra cui lo sviluppo di percorsi di formazione e collaborazioni con associazioni territoriali che si occupano di disabilità, mappature e focus group a livello regionale e progetti interculturali come “DRIS – Co-creating Intercultural Societies”.
Restando in tema museale, il relatore successivo, Davide Zanichelli, Direttore di Palazzo Magnani, ha introdotto alcune iniziative virtuose portate avanti dalla Fondazione, ideate e implementate in un’ottica di welfare culturale e di attenzione all’inclusione. Ne sono un esempio i percorsi di co-creazione attivati con gli operatori socio-sanitari per porre la fragilità al centro della progettazione e della programmazione della Fondazione. La mostra “L’Arte inquieta”, da poco conclusa, rappresenta proprio l’evoluzione di questo approccio, il quale riflette un cambio di paradigma più ampio nel modo in cui il benessere viene definito e trattato. In questo nuovo paradigma, definito “salutogenesi” e sviluppato dal sociologo Aaron Antonovsky, il benessere non viene più inteso come assenza di malattia, bensì come prevenzione e promozione della salute:
“Stiamo iniziando a capire che la salute non è l’assenza della malattia, piuttosto è un processo attraverso il quale gli individui conservano il loro senso di coerenza (ad esempio che la vita è comprensibile, gestibile e piena di senso) e fronteggiare i cambiamenti che avvengono in loro, nelle relazioni con gli altri e nell’ambiente” (Aaron Antonovsky)
È quindi il senso di coerenza che consente lo sviluppo della salutogenesi. Ma come si genera il senso di coerenza? Sempre secondo Antonovsky, attraverso l’apparato simbolico, alimentato anche dalla cultura e dagli effetti che questa ha sulla vita delle persone. E non è soltanto un compito delle singole organizzazioni quello di nutrire questo apparato simbolico, bensì si tratta di una responsabilità istituzionale, della pubblica amministrazione. I principi su cui si fonda la pratica del welfare culturale devono uscire dai musei e permeare tutti gli spazi urbani, periferici e rurali.
Come sottolineato da Flaviano Zandonai, sociologo e membro del gruppo promotore del Cultural Welfare Center, nonché ultimo relatore del convegno, anche le città devono essere ripensate in una logica di welfare culturale affinché la marginalità, la fragilità e la cura vengano portate al centro dello sviluppo urbano. Questo è quello che la città di Reggio Emilia sta cercando di fare, attraverso progetti, iniziative, giornate di studio e convegni, come quello a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare.
La sfida del welfare culturale è generare cambiamento: siamo pronti a raccoglierne il guanto?
Come BAM!, ci siamo avvicinati a questi temi soprattutto grazie a “Sciroppo di Teatro”, progetto di teatro di ATER Fondazione. Si tratta di un esempio di iniziativa di welfare culturale che assume la cultura in una logica di prevenzione, in quanto promuove la consapevolezza fra le famiglie dei potenziali benefici per la salute derivanti dal coinvolgimento loro e dei loro bambini nella vita artistica e culturale. Bambini e bambine dai 3 agli 11 anni, insieme ai loro accompagnatori, possono infatti recarsi agli spettacoli in programma ad un prezzo agevolato grazie a voucher forniti da medici, farmacisti e parafarmacisti. Il progetto crea un’alleanza fra le istituzioni di governo a livello regionale e locale, le organizzazioni dei pediatri e delle farmacie, i Comuni soci di ATER e i teatri collocati nei loro territori.
Abbiamo quindi bisogno di sviluppare nuovi modi di rendere i luoghi culturali accessibili, attraverso la creazione di un sistema, una rete radicata sui territori, capace di valorizzare gli effetti che le arti hanno sulla salute e sul benessere di tuttə, e soprattutto delle persone più fragili.