Della ricerca Engage Audiences abbiamo sentito parlare sin dai suoi primi vagiti e ora, a pochi mesi dalla pubblicazione del report finale, siamo pronti per proporvela come lettura di fine estate.
All’evento “Audience Development è Innovazione Sociale”, nel giugno scorso a Torino, Engage Audiences ci è stata presentata nel dettaglio per la prima volta (ne avevamo parlato qui). Fin da subito ci è stato chiaro che questa ricerca avrebbe – finalmente – provato a investigare l’audience development come pratica, andando oltre la retorica.
A noi di BAM!, questo approccio pragmatico è subito andato a genio. Da diversi anni lavoriamo per diffondere buone pratiche di sviluppo dei pubblici e affianchiamo i professionisti culturali nel metterle in atto: è il caso, per esempio, della nostra collaborazione con il progetto europeo InNovaMuseum e dell’incontro che abbiamo organizzato a luglio presso il Festival Internazionale di Cinema Indipendente Lago Film Fest.
Study on Audience Development: how to place audiences at the centre of cultural organisations è il frutto di un anno di ricerca condotta da un consorzio formato da Fondazione Fitzcarraldo, Culture Action Europe, ECCOM e Intercult.
Lo studio è stato finanziato dalla DG Cultura e Educazione della Commissione Europea allo scopo di proporre approcci e metodi di successo nell’ambito dell’audience development da disseminare tra le organizzazioni culturali europee. Insomma, l’idea è un po’ quella di equipaggiare i professionisti culturali con le armi necessarie ad accrescere la centralità dei pubblici:
- all’interno delle organizzazioni, promuovendo un’integrazione di questo approccio alle funzioni di programmazione, direzione, comunicazione e alle strutture decisionali;
- all’esterno, ad esempio nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, gli sponsor e i donatori.
Il consorzio ha deciso di procedere di pari passo sia in modo astratto, sviluppando un quadro teorico introdotto da una revisione rigorosa della letteratura esistente in materia di audience development e accesso alla cultura, sia in modo empirico, indicendo una call a livello europeo rivolta a medie e piccole organizzazioni culturali (non più di 50 dipendenti) che avessero intrapreso con successo la transizione verso un approccio incentrato sui pubblici.
Delle 87 risposte ricevute, 30 (provenienti da 17 Paesi europei) sono state ulteriormente analizzate e sono confluite nel catalogo dei casi studio, caratterizzati da una forte varietà sia settoriale che geografica. Tale diversità è, senza dubbio, una delle chiavi di lettura fondamentali dell’approccio allo sviluppo dei pubblici promosso dal consorzio autore dello studio. Non esiste una “one best way” all’audience development e ogni singola organizzazione deve imparare a conoscersi per le proprie peculiarità. Le 30 organizzazioni culturali analizzate differiscono, infatti, su molti aspetti: l’ambiente, la dimensione, le ambizioni, il tipo di attività, il Paese e le motivazioni. Quello che hanno in comune, però, è ciò che le rende terreno fertile per l’AD: l’attitudine ad ascoltare, la capacità di imparare da errori e tentativi, l’importanza riposta nei dati e la condivisione degli obiettivi da parte di tutta l’organizzazione. In altre parole, esse affrontano la sfida dell’AD con un approccio strategico e sono pronte a mettere in discussione l’intera macchina organizzativa.
A questo proposito, gli autori di Engage Audiences hanno deciso di accompagnare allo studio una guida pratica per gli operatori culturali, che hanno chiamato “Tools of audience development”. L’utilizzo della parola “strumenti” non ci deve però trarre in inganno: non si tratta di un toolkit, una cassetta degli attrezzi o un manuale di istruzioni da seguire per fare audience development. È piuttosto uno stimolo al dialogo interno, una serie di domande che ogni organizzazione culturale dovrebbe porsi prima di intraprendere qualsiasi azione volta allo sviluppo dei pubblici. Eccole qui di seguito (tradotte da noi in Italiano dalla versione originale in Inglese):
- Chi siete? A chi vi volete rivolgere? Siate molto chiari sulla vostra identità organizzativa, cosa vi rende speciali e per chi volete fare la differenza.
- Bilanciate le priorità: quelle dei pubblici e le vostre necessità. Quanto in là volete andare per ottenere i vostri obiettivi di pubblico? Questo processo è coerente con i vostri valori e con la vostra visione culturale e artistica?
- Focalizzatevi, ascoltate e capite. Cosa sapete dei vostri target di pubblico? Come li potete conoscere meglio? A quale gruppo volete rivolgervi per primo?
- Siete capaci di farlo? Affrontare la sfida dei pubblici potrebbe essere oltre le vostre possibilità. Siete capaci di farlo da soli? Il vostro staff ha tutte le capacità e le conoscenze necessarie? C’è qualche competenza che potete prendere da fuori l’organizzazione?
- Prevedete le conseguenze. Che impatto avrà tutto questo sulla vostra organizzazione nel breve/medio/lungo termine? Ve lo potete permettere?
Ma torniamo al quadro teorico proposto nello studio, in base al quale i casi sono poi stati analizzati e categorizzati. Esso suggerisce l’esistenza di tre tipologie di pubblico, intese non solo come segmentazioni ma come strumenti per la comprensione dei pubblici stessi.
- Audience by habit. È il pubblico che partecipa abitualmente ad attività culturali e non ha particolari barriere all’accesso.
- Audience by choice. È il pubblico che non è abituato a partecipare ad attività culturali nel suo tempo libero per il suo stile di vita, la mancanza di opportunità o di risorse economiche.
- Audience by surprise. È il pubblico che è indifferente o perfino ostile alle attività culturali per diverse ragioni, magari perché si sente socialmente escluso, non sufficientemente preparato o ha forti barriere all’accesso.
Questa chiave di lettura ci invita, quindi, a concentrarci sulle motivazioni che spingono il pubblico verso certe attività culturali piuttosto che sull’uso che esso fa del contenuto culturale. Il suggerimento a noi professionisti del settore è di provare a sviluppare relazioni diverse a seconda del tipo di pubblico che abbiamo di fronte e di ricordarci che la stessa persona potrebbe appartenere a una tipologia diversa di pubblico, in base all’evento o all’istituzione con cui si sta rapportando.
Tra i progetti sviluppati qui a BAM! Strategie Culturali, WAY – We Are Yours (per la Galleria Nazionale di Parma) e Museo Senior (per i musei della ceramica della provincia di Savona) vanno proprio in questa direzione. Del resto l’audience development, vale la pena ripeterlo, è una strategia poliedrica che si rivolge a tutti i pubblici, non solo quelli difficili da raggiungere ma anche quelli correnti.
Nello studio si parla anche di otto principali aree strategiche che ogni organizzazione culturale desiderosa di impegnarsi nell’audience development non dovrebbe sottovalutare. Si tratta di: luogo, digitale, partecipazione attiva, capacity building, cambiamento organizzativo, collaborazioni e partnership, programmazione e uso dei dati. Se siete curiosi di scoprire cosa ci dicono gli autori di Engage Audiences a questo proposito, vi consigliamo di dare un occhio ai materiali in cui esso si articola:
- report finale;
- executive summary, disponibile in Inglese e in Francese;
- guida pratica per gli operatori culturali;
- raccomandazioni chiave per i policymaker;
- catalogo dei casi studio.
E, per i più pigri, è disponibile anche un riassunto dello studio, ottima lettura (breve).